Madre Terra fonte della vita
incontro con Mauro Corona
e Vittorio Pierobon
L’evento sabato 29 ottobre 2016, alle 21, nell’auditorium comunale “G.Comisso”
di via Guidini 52, Zero Branco (Treviso). L’ingresso libero fino ad esaurimento posti. I proventi delle offerte saranno destinati al completamento di un presidio sanitario a 4mila metri di altitudine, El Alto, tra le Ande boliviane. L’evento è stato organizzato dall’associazione Braccia Aperte Onlus in collaborazione con il Comune di Zero Branco.
Mauro Corona, scrittore, alpinista, scultore, e Vittorio Pierobon, vice direttore del quotidiano Il Gazzettino, affronteranno il tema de “La Madre Terra”. I nativi dell’America Latina la chiamano Pachamama. E in particolare in Bolivia dove l’associazione di Zero Branco, da molti anni, realizza progetti e strutture nel campo socio-sanitario, dell’istruzione e della didattica. Pachamama è la dea terra e della fertilità. Alla Madre Terra vengono a tutt’oggi, fatte offerte perchè il terreno possa propiziare il raccolto. Una riflessione aperta con Mauro Corona, figlio delle Alpi, con i progetti di solidarietà che si stanno realizzando nelle Ande. Tante le domande in cerca di risposte. Come è cambiato il nostro rapporto con la natura? Con il passare degli anni, il divario tra Madre Terra e progresso ha continuato ad accentuarsi sempre più e il rapporto tra l’essere umano e la natura si è definitivamente spezzato. Oggi abbiamo oramai reso artificiale tutto ciò che ci circonda e, in nome del progresso, stiamo distruggendo il nostro pianeta. Ma la natura è madre. E la Madre Terra è fonte della vita, del nutrimento e dell’apprendimento.
L’associazione Braccia Aperte Onlus si occupa di aiutare le fasce più deboli della Bolivia con missioni umanitarie e ponti concreti di solidarietà dall’Italia e, in particolare, dal Veneto (www.bracciaperte.it – 338.5702070).
press / Sergio Bonato 349.4623001
Mostra fotografica sulla Bolivia
Una mostra fotografica sulla Bolivia, che tocca temi di attualità e di interesse vario, è disponibile a noleggio presso la nostra sede.
Le tematiche possono essere riassunte nei seguenti punti:
- il sorriso di un bambino;
- progetti di cooperazione;
- cultura e civiltà;
- panoramica di luoghi.
Il materiale disponibile è di assoluta ed elevata qualità e comprende:
- 6 strutture in legno per il supporto di pannelli fotografici;
- 23 pannelli fotografici in plexiglass ;
- 100 fotografie formato cm.43 x cm.30 in alta definizione;
- 1 totem per supporto schermo, con armadietto contenitore lettore dvd e materiale vario;
- 1 lettore dvd;
- Cavi di collegamento vari;
- 1 schermo plasma tv da 42 pollici con presa usb;
- 1 cubo in legno cm.50×50 altezza cm.100 per centro mostra;
- 2 aste bandiere per il cubo;
- 1 mappamondo.
Il contributo per il noleggio verrà concordato al momento della richiesta previo accordi diretti. Si dovrà tenere anche conto che al momento della consegna dell’attrezzatura il richiedente dovrà versare a questa Associazione una somma da stabilire come deposito cauzionale. Si fa presente che la spesa del noleggio si riferisce alla necessità di garantire da parte nostra il mantenimento del materiale sempre in ottime condizioni. L’eventuale utile verrà interamente impiegato nei progetti di cooperazione che la nostra Associazione ha in Bolivia.
Inoltre, la nostra Associazione dispone di un furgone mod. Ducato Maxi che non può essere dato in uso a terzi. Esiste però la disponibilità temporale di qualche nostro socio che, previo accordi preventivi e concordando la copertura dei costi relativi all’utilizzo del mezzo stesso, potrà effettuare la consegna e/o il ritiro del materiale.
Poesia
Federico Colbertaldo testimonial di Braccia aperte Onlus
Un ragazzo d’”oro” che con l’autenticità di colui che sa quanto sia utile ed importante mettere a disposizione la sua immagine e la sua popolarità, accetta e nel contempo si propone testimonial della nostra Associazione.
Federico Colbertaldo, campione e primatista di nuoto, è tra noi, è portavoce ed immagine dell’Associazione e dei suoi progetti.
Vincere nello sport e conseguire grandi risultati con impegno e dedizione è ciò che a lui riesce; campionati italiani, europei, mondiali ed olimpiadi sono obiettivi raggiunti e sempre da ripetersi.
Vincere in solidarietà ed altruismo sono altrettanto sfide che affronta con le sue grandi doti umane.
La nostra Associazione si sente onorata di condividere con lui questi sentimenti tradotti in obiettivi e finalità.
A Federico il nostro grande sostegno e la nostra amicizia perché possa sempre proporsi con grandi vittorie nello sport e sia sempre capace di trasmettere il messaggio di condivisione e solidarietà verso il prossimo.
In bocca al lupo…… Federico
Bolivia
Si ritiene che le prime tracce di civilizzazione delle Ande boliviane risalgano a circa 21.000 anni fa. Le culture precolombiane più importanti furono quelle dei Tiahuanaco e degli Incas, che furono a capo di un grande che comprendeva buona parte degli attuali Perù, Bolivia, Ecuador e Cile settentrionale.
La conquista spagnola del paese iniziò nel 1531 con Francisco Pizarro per impadronirsi, nel giro di due anni, del territorio che venne identificato col nome di Alto Perù. Nel 1544 furono scoperti depositi di argento a Potosì, che divennero il sostegno dell’economia spagnola per più di due secoli. Si ottenne l’indipendenza dalla dissoluta amministrazione spagnola con la battaglia di Ayacucho, nel 1824, dove eccelse Antonio Josè Sucre, il tenente di Simòn Bolivar. L’anno seguente la Bolivia venne formalmente dichiarata una repubblica.
Il territorio della Bolivia, che comprendeva oltre 2 milioni di Kmq è sempre stato oggetto delle brame delle popolazioni confinanti. Il desiderio del Cile di ingrandirsi causò la guerra del Pacifico, combattuta contro la Bolivia tra il 1879 e il 1884.
Il Cile ebbe la meglio e si impossessò di 850 Km di costa, incluso il Porto di Antofagasta, lasciando la Bolivia senza uno sbocco sul mare.
Poco dopo, Perù, Brasile e Argentina cominciarono a premere sulle frontiere della Bolivia.
Nel 1932 una disputa di confine con il Paraguay per il possesso dei depositi di petrolio nella regione del Chaco si concluse con la perdita per la Bolivia di altro territorio. La guerra del Chaco (1932-1935) causò disordini tra la popolazione all’interno del paese, e favorì la creazione di associazioni riformiste, portando a una serie di colpi di stato da parte di militari solo in appartenenza riformisti.
Forse la svolta più significativa fu l’emergere del Movimiento Nacionalista Revolucionario (MNR). Nel 1951 l’MNR, guidato da Victor Paz Estenssoro, vinse le elezioni, ma fu ostacolato da un improvviso colpo di stato militare, che causò una rivolta armata popolare conosciuta come rivoluzione di aprile del 1952. I militari furono sconfitti e Paz Estenssoro andò per la prima volta al governo.
Nel 1964 una giunta militare con a capo il generale Renè Barrientos Ortuño rovesciò l’MNR. Seguì una lunga serie di regimi militari fino all’elezione del Movimiento de la Izquierda Revolucionaria (MIR),partito di sinistra guidato da Hernàn Siles Zuazo, nel 1982. Tre anni dopo Zuazo fu sconfitto dall’MNR di Paz Estenssoro, il quale cercò di frenare l’inflazione, che aveva raggiunto livelli stratosferici (fino al 35.000% annuo), e applicò misure assai rigide. L’attuale presidente della Bolivia è Evo Morales, in carica dal gennaio 2006.
Occhi dentro Occhi – associazione braccia aperte Onlus
Occhi dentro occhi e prova a dirmi se / un po’ mi riconosci o in fondo un altro c’è sulla faccia mia / che non pensi possa assomigliarmi un po’”. Parole dei Negramaro (Quel posto che non c’è), scelte perché sentite immediatamente e dolcemente consonanti, pienamente e poeticamente in armonia con gli “Amori boliviani”. L’eco che risuona ancora dentro è vibrante “emozione”. Come una cantilena. La stessa provata – quell’emozione di pancia, che non dimentichi facilmente e non cancelli, e soprattutto non controlli – quando ho avuto modo di fermarmi ad osservare – estraniato da tutto – le immagini della mostra La sonrisa de un niño.
Lasciandomi avvolgere senza opporre resistenza. E partecipando, di getto e da dentro, alle parole interiori poi sgorgate da quegli occhi e da quella pancia. Immaginandole rivolte da un padre o una madre a un figlio o a una figlia. Arrivato grande.
Lasciandomi avvolgere senza opporre resistenza. E partecipando, di getto e da dentro, alle parole interiori poi sgorgate da quegli occhi e da quella pancia. Immaginandole rivolte da un padre o una madre a un figlio o a una figlia. Arrivato grande.
L’associazione Braccia Aperte, in prima linea in questo splendido progetto di solidarietà internazionale che si chiama “Amori boliviani”, promosso dalla Cooperativa sociale Itaca e ora adottato anche da Folkest, ha iniziato nel 1995 proprio da qui. Dall’adozione da parte di sei famiglie (primo amore boliviano) di bambini abbandonati, orfani e soli. Quando un gruppo di amici, uniti da questa comune esperienza, ha deciso di costituirsi in associazione con il semplice intento di poter creare solidarietà nei confronti delle persone più deboli ed emarginate della Bolivia.
“Mani dentro mani e prova a stringere / tutto quello che non trovi / negli altri ma in me”. Sono tante le mani che in questi mesi hanno stretto gli “Amori boliviani”, a partire da quelle di Letterio Scopelliti, scrittore e giornalista, oltre che – prima di tutto – amico. Elettivo, di quelli che si scelgono, e che ti scelgono.
Mani, quelle di Letterio, che in 24 notti insonni guidate dal cuore hanno concepito oltre 26 mila parole, 2 mila frasi, 130 mila caratteri che costituiscono le 136 pagine di “Amori boliviani. Vola dove il cielo abbraccia la Madre Terra”, il suo ultimo lavoro edito da Bracciaaperte.it, il cui ricavato andrà direttamente al progetto Monteagudo per il completamento della costruzione di una scuola per i bambini orfani, abbandonati e soli della cittadina nel sud-est della Bolivia.
Mani che gli amici di Braccia Aperte stringono da 13 anni e che Letterio ha avuto il cuore (il coraggio e la generosità) di sfiorare, toccare, afferrare, stringere, ascoltare, comprendere. Mani alle quali ha dato voce con le sue parole. Perché è il cuore che governa il libro di Letterio Scopelliti.
“Potessi trattenere il fiato prima di parlare / avessi le parole quelle giuste per poterti raccontare”. Più volte inviato all’estero e in particolare in America, Australia, Russia, Europa e Balcani, Letterio Scopelliti ha viaggiato in Africa, Medio Oriente e America Latina. Giornalista, scrittore e saggista, di Letterio mi piace ricordare (per non citare I ragazzi della panchina, di metà anni ’80), “Manicomio addio. Storie di “matti”, chiude uno degli ospedali psichiatrici d’Italia (1997) e “Bosnia dimenticata, crimine di pace” (2003). Scopelliti ha ricevuto diversi riconoscimenti e premi (Unicef), alcuni suoi libri sono diventati film o rappresentazioni teatrali.
Giornalista come pochi ne sono rimasti, di quelli che il territorio lo presidiano e lo fanno presidiare, Letterio è autore tanto lontano dai grandi circuiti commerciali tradizionali quanto sincero, appassionato, sensibile e professionale nelle sue indagini. Giornalista a tutto tondo, usa le parole scritte e le immagini fondendo con sapienza le une alle altre.
In “Amori boliviani” non adopera mani e cervello ma cuore, delicatezza e eleganza. Anche nel linguaggio. E utilizza le parole giuste per raccontare la Bolivia di ieri e quella di oggi. “Bambini”, dopo Bolivia, è la voce più diffusa nel libro. I bambini sono i veri protagonisti non solo del libro “Amori boliviani” e della mostra fotografica, ma dell’intero progetto adottato da Itaca e Folkest.
Le oltre 100 immagini de La sonrisa de un niño sono dello stesso Letterio e di Antonio Ferronato, coordinatore del progetto Monteagudo per Braccia Aperte. Volontario salesiano in Bolivia a 21 anni, Antonio è ambasciatore della Bolivia in Italia, spirito rivoluzionario autentico e generoso nel suo darsi agli altri, gratuitamente. La sua storia, e non solo la sua, è raccontata nel libro di Letterio.
I nostri occhi si rispecchiano, se sappiamo guardare oltre, negli occhi dei bambini boliviani. Occhi dentro occhi… – dicevamo all’inizio con i Negramaro – dentro ai quali, se vogliamo, come insegnano Letterio e Antonio, ci possiamo anche rispecchiare. Occhi che non parlano soltanto della condizione dell’infanzia in Bolivia, ma anche di noi.
Perché la fotografia è l’immagine di un’idea. Fotografare non è solo semplice e asettica riproduzione della realtà, ma anche dare una propria interpretazione del mondo che ci circonda. Cogliere un istante. E lasciare agli altri la visione soggettiva di un frammento di vita. In questo caso emozione pura. Che non sempre consente di “trattenere il fiato prima di pensare”.
E’ quell’emozione che ti sgorga da dentro, erompe come un fiume in piena, un’onda che scaturisce dall’intimo più intimo e che non pensavi di avere dentro. Tanto che dopo i fiotti sei costretto a riflettere sulla sua origine. E “bocca dentro bocca” non puoi “non chiederti perché”, perché tanto “tutto poi ritorna”.
Le parole scritte da Letterio, quelle condivise in questi mesi, le sue immagini e quelle di Antonio sono capaci di toccare corde profonde. Emozioni. Come quelle di un padre e un figlio, una madre e un figlio che si incontrano per la prima volta. Persone – in questo le parole dei Negramaro bene sintetizzano lo spirito di Braccia Aperte – una di fronte all’altra. Si guardano negli occhi, avvicinano le mani, si stringono, si riconoscono.
“Ognuno di noi da solo non vale niente” (…) per questo dovete “sentire nel più profondo di voi stessi ogni ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo: è la qualità più bella di un rivoluzionario”. (Ernesto “Che” Guevara nella Lettera ai figli)
I temi affrontati e indagati da Letterio Scopelliti nel suo libro, con ricchezza di voci e informazioni, sono ricchi e si intersecano. A partire dai numeri dell’infanzia boliviana, tragicamente dolorosi: come Letterio ricorda sono 1,6 milioni i bambini che lavorano (1/5 dei bambini tra 5-14 anni), 9 bambini su 10 sono maltrattati, 2 milioni sono i bambini che vivono sotto la soglia della povertà (il 20% della popolazione della Bolivia), il 35% dei bambini non viene pagato per il lavoro che comunque svolgono.
I numeri della Bolivia non sono da meno: il 60% della popolazione vive come meno di 2 dollari al giorno, il 70% vive sotto la soglia di povertà.
Un’eco che costringe il lettore ad affrontare il libro in religioso silenzio. Che pareggia con l’assenza di rumore della spesso affollata Bolivia, e si scontra con il frastuono incredibile, il brulichio, la musica, i canti e i balli della manifestazione annuale per la Vergine di Copacabana, la Santa Patrona della Bolivia.
Il ruolo della Chiesa, e dei Padri salesiani in particolare, in Bolivia si è rivelato fondamentale. A partire dal progetto Don Bosco, avviato 20 anni fa con la trasformazione degli orfanotrofi di Santa Cruz in case (Hogar) per bambini abbandonati, maltrattati e malati. I salesiani – come bene evidenzia Vittorio Pierobon, vice direttore del Gazzettino nella prefazione al libro di Letterio – sono i veri pilastri, la loro presenza capillare ha supplito alle colpevoli carenze di uno stato che non c’era. Grazie anche al ruolo dei volontari, altre figure fondamentali che hanno consentito alla Bolivia di rialzare la testa.
Tralascerò il come e perché Letterio sia arrivato fino in Bolivia, come non dirò nulla del matrimonio del giovane Antonio con Valeria, e del viaggio nel viaggio successivo. E, nemmeno dirò alcunché dell’assenza di spirito cooperativistico nelle cooperative boliviane, della speculazione sui lavoratori (spesso bambini), dei padri che sfruttano i figli.
San Ernesto de La Higuera. Ecco di lui avrei voluto dire di più. Scopelliti dedica un intero capitolo, l’ultimo, alla figura del guerrigliero, rivoluzionario e medico argentino assassinato in Bolivia nel 1967.
Letterio lo sa, ma dopo la descrizione del nonno dal poncho bianco non ho resistito e mi sono immerso. Volevo sapere, volevo vedere attraverso la sua lente, Che Guevara ed i suoi luoghi.
Tra sacro e profano, lo sguardo coglie una Bolivia sincretica, a migliaia di metri sulle Ande, restituendo oggi un quadro inedito e straordinariamente originale. La trasformazione di un mito, anche mediatico, in liturgia. E turismo. Sulla Ruta del Che, progetto del presidente Evo Morales, che prevede di costruire 800 chilometri di itinerari culturali, tra storia e ricordo.
In anteprima assoluta per Folkest, la mostra “La sonrisa de un niño” si è arricchita di altre 12 immagini straordinarie ed inedite come le precedenti 100. Si tratta de “La ventana del Che” (da un’idea dell’amico e collega Alberto Chicayban), con fotogrammi che ripercorrono le ultime tappe del Comandante Guevara: dalla lettera-testamento a la Higuera, Vallegrande, …
Occhi dentro occhi (…) Mani dentro mani (…) Bocca dentro bocca (…) Si cercano, si aspettano, si incontrano, si riconoscono. E iniziano un cammino insieme, per la vita. Una madre, un padre e un figlio abbracciati costruiscono una nuova famiglia, si accolgono, si raccontano, si scoprono e si guardano, giorno dopo giorno. Come gli amici di Braccia Aperte con i loro figli della Bolivia, come Antonio, e come Letterio che le “parole quelle giuste (…) quelle grandi” le ha trovate.
Fabio DELLA PIETRA
Braccia Aperte ONLUS secondo Vittorio Pierobon
Ho scoperto “Braccia Aperte ONLUS” quasi per caso. Il colpevole è uno “storico” amico della Boliva, dove ha lavorato, insegnato, e anche trovato moglie, e che io ho avuto modo di conoscere quando lavorava con me al Gazzettino. E’ lui che mi ha convinto a visitare la Bolivia, ed è stato in quell’occasione che mi sono imbattuto in Braccia Aperte.
Nel paese sudamericano ho avuto modo di conoscere la meravigliosa opera dei Missionari Salesiani, autentici pilastri della crescita socio-culturale della Bolivia; ho visitato le strutture finanziate da Braccia Aperte: l’Hogat de Dios a Saavedra; la Ludoteca a Santa Fe e ho preso visione del “Progetto Monteagudo” che all’epoca stava ancora crescendo.
Ho scoperto un mondo di generosità, in gran parte “made in Veneto”. Dalla Bolivia a Scandolara il passo è stato…breve. Partecipando ad alcuni incontri dell’Associazione ho conosciuto persone semplici e generose, gente genuina che si guadagna la vita spesso anche con sacrifici, ma che non si è chiusa nell’egoismo sempre più diffuso nella società in cui viviamo. Al contrario gli amici di Braccia Aperte trovano gioia e gratificazione nel donare agli altri. Molti di loro hanno avuto la forza di fare il dono più grande, quello di una famiglia, adottando bambini orfani, altri regalando tempo e denaro. Un concentrato di solidarietà che recupera il senso della vita. Si divertono e fanno del bene. una formula apparentemente semplice, ma ricca di contenuti. Tra i soci di Braccia Aperte c’è tanta umanità: ognuno di loro è il protagonista di una storia autentica che meriterebbe gli onori della cronaca. Ma purtroppo, e qui parlo da addetto ai lavori, al giorno d’oggi fa notizia ciò che non va: il negativo prevale sul positivo. Viviamo in un mondo in cui l’apparire conta più dell’essere, una velina è più famosa di un premio Nobel. Chi fa del bene non fa notizia. Non possiamo cambiare il mondo, però ognuno può fare la sua parte. I latini dicevano: “gutta cavat lapiden”, la goccia scava il marmo. E le gocce di generosità distillate da Braccia Aperte in questi dieci anni di attività hanno lasciato un segno profondo.
Vittorio Pierobon
vice-direttore del quotidiano “Il Gazzettino”